Una fede attrattiva
Lo stupore e la fede
A partire da Aristotele fino ai giorni nostri, lo stupore e la meraviglia hanno occupato un posto di primo piano nel cammino di ricerca della conoscenza dell’uomo. Ma non solo la filosofia, anche le neuroscienze hanno ampiamente dimostrato come la novità sia in grado di “accendere il sistema dell’attenzione” attivando quelle aree del nostro cervello deputate alla gestione di eventi sorprendenti e fuori dalla nostra ordinarietà. La percezione di vivere qualcosa di straordinario mette in gioco la nostra esperienza stabilendo dei nessi tra quello che stiamo vivendo e quanto già abbiamo vissuto.
Il piacere di vivere qualcosa di nuovo inoltre provoca il rilascio di dopamina, che ricompensa e gratifica quanto vissuto, facendoci venire voglia di ripetere la stessa esperienza. Quando siamo impegnati in attività che ci stupiscono e coinvolgono la nostra curiosità, siamo motivati ad apprendere sempre più, perché il godimento che ne traiamo ci introduce in un circolo virtuoso dove più conosciamo più vogliamo conoscere.
Questo “meccanismo” non avviene solo a livello personale ma anche a livello collettivo: alcuni studi recenti condotti da ricercatori della Irvine California University, dimostrano che la meraviglia è un’esperienza non solo di amore verso il sapere, ma di vera trasformazione collettiva. Quando scopriamo qualcosa di nuovo paradossalmente aumenta il benessere e diminuisce lo spazio occupato dal “sé”, perché compresso all’interno di qualcosa di più ampio. Questa relativizzazione porta a numerosi benefici:
- l’incremento di tendenze sociali positive
- una maggiore coesione,
- un aumento della flessibilità,
- la propensione a decisione etiche all’interno di un determinato gruppo.
In sostanza, la meraviglia dilata i nostri confini facendoci percepire la vastità ed espandendo la struttura dei nostri significati. Ci sentiamo così più piccoli perché in presenza di qualcosa di molto più grande che ci orienta verso la comunità. Nello stupore, infatti, mettono le radici l’empatia, l’amicizia e la ricerca di senso.
Diventa allora facile comprendere come stupore e fede siano quindi naturalmente collegati: la fede è esperienza dello stupore dinanzi al mistero e al divino. Di fronte alla grandezza di Dio e del suo amore ci scopriamo limitati e bisognosi delle Sue “meraviglie”. Lo stupore della fede dovrebbe accompagnare il nostro cammino fin dal suo nascere, rimanendo vivo nel suo svilupparsi, fino a renderci capaci di essere dono per gli altri e sorgenti di meraviglia.L’alterità è fonte di stupore: chi crede sente il bisogno di essere toccati dagli altri e dall’Altro, irriducibili alla nostra presenza e quindi necessari per la nostra vita.
Papa Benedetto XVI soleva dire: “la Chiesa non fa proselitismo. Essa si sviluppa piuttosto per attrazione”. Papa Francesco fece sua questa convinzione quando raccontò di un episodio avvenuto in un ospedale in Argentina: all’arrivo di un gruppo di suore coreane che non sapevano una parola in spagnolo, gli ammalati si sentirono amati perchè con i loro gesti e i loro sguardi le suore avevano saputo ugualmente comunicare Gesù. “Questa è l’attrazione, contraria al proselitismo”, concluse il Papa, ed è “questa testimonianza attraente e gioiosa” la meta a cui ci porta l’amore di Gesù.