Le caratteristiche dei nostri studenti
In quali condizioni i nostri alunni e le nostre alunne vivono?
Partiamo dalla premessa che sono ancora presenti nelle aule e nel mondo della scuola, (ma non solo, in generale in tutta la società) gli effetti derivanti dalla pandemia che abbiamo vissuto e che, anche se ci sembra molto lontana, è ancora vicina dal punto di vista delle conseguenze sulla società odierna perché ha esacerbato degli elementi di malessere che erano già esistenti. In particolare ha smosso tante dinamiche che hanno prodotto una diffusa instabilità. Sono sempre più frequenti momenti di fatica e di crisi che capitano ormai quotidianamente insieme a sintomi di tipo ansioso che si possono riscontrare in maniera evidente. Magari prima di una performance sportiva, di un compito in classe, prima di dormire la sera… insieme ad una diffusa paura del futuro, che si traduce nel timore dell’incertezza e di tutto quello che ancora non si conosce anche in un lasso di tempo non troppo lontano.
Le domande su questa dimensione si moltiplicano perché i genitori vivono una grande difficoltà sia sul versante sociale che relazionale, formulando richieste di aiuto che nascono dal loro vissuto personale e dalle fatiche dei propri figli soprattutto su questi aspetti:
- fatica nel relazionarsi,
- gestione dei cambiamenti,
- assenza di relazioni significative,
- incapacità di costruire nuove relazioni,
- esperienze di chiusura.
Tutti questi aspetti sono sicuramente collegabili all’esperienza di grande e fortissima deprivazione sociale e relazionale che abbiamo vissuto durante la pandemia.
Considerando tutti gli elementi finora descritti possiamo allora chiederci: “In quali condizioni i nostri alunni ed alunne vivono?”.
1. Un primo effetto molto evidente di questa situazione è la trasformazione del senso di colpa in senso di vergogna e di inadeguatezza. Se nella famiglia normativa il senso di colpa era derivante dal trasgredire le regole e le norme dettate dai genitori, quello che invece dilaga adesso con il modello della famiglia affettiva è un senso di vergogna e di inadeguatezza, legato al timore di non essere all’altezza delle aspettative dei genitori, di non avere buone prestazioni. A volte i ragazzi lo esprimono anche parlando a bassa voce, facendo fatica ad intervenire e ad interagire anche direttamente con le figure adulte, nascondendosi il più possibile perché in difficoltà ad emergere all’interno del gruppo. È un senso di insicurezza diffuso che si deve anche a un modello genitoriale che mette sulle sulle spalle dei figli un carico pesante: il carico della paura di deludere le aspettative dei genitori, di deludere quello che loro pensano. Questo provoca una “paralisi” dei comportamenti perché conduce a forme di insicurezza e di immobilità nelle proprie scelte.
2. Una seconda caratteristica è la fatica ad accettare il fallimento. Bambini e ragazzi vengono investiti dai propri genitori o da altre figure educative da aspettative altissime: il desiderio di vederli sempre felici e realizzati, attraverso buone competenze nell’ambito scolastico, nell’ambito sociale, nell’ambito relazionale. Queste aspettative e questo investimento spesso irrealistico, veramente esagerato, schiacciano le nuove generazioni in uno stato d’animo di stress e di ansia che si traduce in una grande fatica ad accettare di poter fallire nel corrisponde alle aspettative sociali e di prestazione.
Tutto il mondo sembra mettere sulle loro spalle ansia e stress, che spesso emergono sotto forma di disturbi psicosomatici: forti attacchi di mal di pancia e di mal di testa, episodi di vomito prima di andare a scuola, forme di fobia sociale.. disturbi che non sono altro che il loro tentativo di buttare fuori tutto ciò che portano dentro, che in qualche modo li tormenta perché davanti a loro c’è sempre un obiettivo molto molto alto, che provoca paura.
In questo periodo entrare in una scuola, entrare in una classe significa toccare con mano questa grande difficoltà a gestire le emozioni e l’espressione del loro mondo interiore. Una difficoltà che inevitabilmente si riflette anche sul mondo degli adulti messo in discussione proprio da questo punto di vista: noi adulti non diamo in generale un buon esempio ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze su come si gestiscono in modo efficace le emozioni, anzi tutt’altro. Purtroppo la cronaca è quotidianamente piena di eventi e di fatti che testimoniano come gli adulti siano fortemente in crisi nel gestire in maniera adeguata ed efficace le proprie emozioni.
3. Un’altra emozione particolarmente complessa da gestire è la rabbia, un’emozione che spaventa tantissimo i bambini e i ragazzi, perché sembra impossessarsi di loro, sembra metterli “sotto sequestro” e far perdere loro completamente il controllo. È un’emozione che, quando si manifesta, spaventa molto anche gli adulti perché non sanno come gestirla. È una delle prove più dure che i nostri alunni e le nostre alunne stanno affrontando: hanno un grande bisogno di imparare ad accoglierla, a riconoscerla, a nominarla e a non reprimerla, trovando dei modi per buttarla fuori, dei canali di espressione innocui e non distruttivi.
4. Vorremmo inoltre soffermarci sull’emozione della tristezza: in quest’epoca in cui i bambini devono essere sempre felici e contenti, in cui devono partecipare a mille feste e attività extrascolastiche, sembrerebbe che non possano permettersi di essere timidi o introversi o addirittura avere voglia di stare per i fatti propri. A prima vista non si possono nemmeno permettere di essere tristi: la tristezza deve passare subito, dev’essere immediatamente soppiantata, cancellata, riempita con un momento di felicità. Sicuramente questo non giova ai nostri bambini, ai nostri ragazzi, che invece avrebbero bisogno non solo di vivere la tristezza, perché è l’emozione della sconfitta, dell’insuccesso, del lutto e del litigio che sono esperienze che fanno parte della vita di tutti noi, ma di nominarla e di riconoscerla. Dovremmo essere in grado di concedere a noi stessi e ai nostri alunni e alle nostre alunne il tempo e lo spazio per poter stare anche nella tristezza, vivendo quelle emozioni che possono farci soffrire, che possono farci stare male ma che è indispensabile poter attraversare per riuscire a superarle.
5. Un’ultima caratteristica emergente è l’intolleranza: ci troviamo di fronte ad alunni, ad alunne intolleranti ed esigenti nei propri confronti e nei confronti degli altri. È ovvio, se ho aspettative molto alte su me stesso, le ho anche sugli altri creando un senso di vulnerabilità alle opinioni altrui. I nostri ragazzi non sono tanto preoccupati del brutto voto in sé ma del fare brutta figura, del doversi vergognare di fronte ai docenti o di fronte ai propri compagni.
Considerati tutti questi elementi è ovvio che i bambini che non sanno dove metter le loro emozioni, perché arrivano a scuola con un peso di attenzione, di aspettative, elevatissimo e fanno poi fatica a mettere le loro energie nello stare nel compito. A volte alcuni insegnanti raccontano di come sia già un miracolo se quel bambino o quella bambina si alzi la mattina, si vesta e riesca ad arrivare a scuola trovando un c