Una pastorale ancora in grado di stupire
Fare nuove tutte le cose
Ilario di Poitiers, nel suo Commento ai Salmi, riporta la domanda che i suoi contemporanei rivolgevano ai cristiani: «Dov’è, cristiani, la vostra speranza?». Siamo ancora in grado di stupire e meravigliare facendo sorgere la necessità di orizzonti di senso nuovi? Sappiamo suscitare la voglia di mettersi in dialogo con l’Altro e con gli altri? Le comunità ecclesiali sono ancora in grado di donare speranza mostrando che vale la pena di vivere e di morire per Cristo?
Queste domande ci interrogano in profondità, facendoci riflettere sulla capacità della Chiesa di suscitare stupore e di aprire varchi verso il futuro. Soprattutto oggi, in un’epoca nella quale sentiamo tutto il peso dell’indifferenza e dell’assenza stessa della ricerca di senso. Occorre allora ripensare la pastorale per costruire percorsi realmente in grado di far nascere meraviglia, motore del nostro agire, fondata sulla fede pasquale.
Occorre un reale cambiamento di paradigma pastorale che tocchi il cuore stesso del cammino delle nostre comunità, che non possono più continuare a replicare percorsi già visti ma si devono chiedere come “fare nuove tutte le cose”.
La strada da seguire passa anche per il rinnovamento del metodo di lavoro delle nostre comunità, in particolare il “vedere/giudicare/agire” che ha caratterizzato gran parte della riflessione teologico-pastorale nella seconda metà del secolo scorso. La riflessione a nostro giudizio più interessante in tal senso, su cui si fonda anche il metodo di lavoro della Scuola Internazionale di Management della Pastorale Creativa, è stata elaborata dal prof. Sergio Lanza, per anni docente presso la Pontificia Università Lateranense.
L’intuizione del prof. Lanza è che questo trinomio non debba essere considerato in modo sequenziale ma che si debba intendere in modo costitutivo, come un vero e proprio processo composto da dimensioni che qualificano la riflessione in ogni sua fase o momento. Queste tre dimensioni, kairologica, criteriologica e operativa, devono richiamarsi costantemente arrivando fino a coappartenersi: dal presupposto che Dio è presente nel cuore dell’uomo, dell’umanità e della storia, scaturisce «un metodo di ricerca secondo cui non si deve mai separare teoria e prassi, sapienza interiore e vita interiore» (C. Dagens, L’intériorité de l’homme selon Saint Augustin. Philosophie, théologie et vie spirituelle, in Bulletin ecclésiastique 88 (1987) 270).
La dimensione kairologica indica la relazione del pensiero teologico-pastorale con la situazione intesa teologicamente (kairos) e si pone nella forma del discernimento evangelico.
La dimensione criteriologica si pone tra la fase kairologica e quella progettuale ed è costituita da una sorta di “pausa di riflessione” sugli aspetti propriamente criteriologici al fine di creare una circolarità ermeneutica tra la lettura della situazione e l’introduzione alla fase di elaborazione progettuale.
La dimensione operativa rimanda alla tipica inflessione pratica della nostra pastorale che cerca costantemente di «cogliere le realtà spirituali a partire dalle realtà corporee e temporali» (Agostino, De doctrina cristiana, I, 4.4).
Coniugare all’interno del metodo di ricerca queste dimensioni per andare al cuore della missione della Chiesa attraverso azioni e processi concreti, potrebbe contribuire a sostenere la generatività delle comunità. La sfida dell’evangelizzazione richiede oggi non solo una sempre viva testimonianza di fede ma anche la capacità di intercettare i bisogni odierni e dare loro risposte concrete!